venerdì 12 settembre 2008

Le interviste possibili: ANDREI ALESSANDRO

Da anonimo diabolico riceviamo, e gentilmente pubblichiamo (tanto da non gettare benzina sul fuoco...):

RAMIOLA (Parma), 12 settembre 2008 - Segni particolari fuori dal campo, vari ed eventuali: il gitano ALESSANDRO ANDREI ha capelli che sembrano usciti da un test tipo "modellare con il gel", due orecchini grandi come caramelle e un brillantino sul dente che luccica ogni volta che sorride, cioè spesso. Segni particolari in campo, uno su tutti (e gli altri a seguire): quel colpo l’hanno chiamato trivela e anche quella, come la sua, è una storia che parte da lontano. Da un luogo che ha il nome del vento e — unica volta in un’intervista di mezzora abbondante — costringe quel piccolo brillante ad affacciarsi su una smorfia che comunica malinconia, non gioia.

Dove e quando nasce l’ANDREI calciatore?

"Avevo 7 anni, giocavo con gli amici in giardino, per strada, dovunque. Quartiere SOLIGNANO Ventoso, posto poco raccomandabile: droga, delinquenza, violenza. Mi vede un osservatore del D.D.S., un club di piccolo e soprattutto povero. Gioco lì meno di un anno, poi mi prende lo Sporting Due fiumi e il resto, più o meno, si sa".

Non si sa bene quando nasce la "trivela", e come.

"Subito, a 7-8 anni. Avevo i piedi storti verso l’interno, molto più di adesso, e mi veniva da toccare il pallone così: sempre d’esterno e sempre con il destro, perché il piede sinistro per me può restare anche a casa. L’allenatore non ne poteva più e un giorno mi fa: 'Se calci un’altra volta in quel modo, ti mando fuori'. Un’azione dopo ero già nello spogliatoio, tristissimo. Lui voleva solo che migliorassi, ma poi si è rassegnato: quel colpo mi "usciva" e tuttora mi "esce" così, naturale. E senza bisogno di lavorare per migliorarlo".

Si è mai chiesto perché?

"Mah, forse perché ho una sensibilità particolare sull’esterno del piede: teoricamente è più difficile, lo so, ma invece a me viene più facile fare tutto così, anche il passaggio più banale".
Può essere un peso il prezzo, molto alto, del suo cartellino? "Ogni giorno abbiamo responsabilità da affrontare: preferisco pensare che il DFAR mi ha scelto e mi ha dato questa opportunità, non a quanto ha dovuto pagare per farlo".

E il fatto che Violi, pur non avendola mai allenata, abbia insistito così tanto per averla?

"Non è un peso, semmai un orgoglio: lui, di là dall'acqua, ma non solo, è visto come il miglior allenatore del mondo. Piuttosto, spero che non mi abbia voluto solo perché segnai un gol (marzo 2005 Due fiumi-FORNOVO 2-1, ndr) contro di lui...".

Andrea Elefante
Nella foto in basso: Andrei in azione con la maglia del Due Fiumi




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